| E ualà, ecco sfornato il primo capitolo.
CAPITOLO 1
Deirran uscì dall’ officina sbuffando per la rabbia e la frustrazione, il suo capo, Funkern, un troll dei monti Arn, si era rifiutato per la centesima volta, di concedergli quel piccolo aumento di cui aveva bisogno per aprire una piccola bottega di fabbro per conto suo.Sarebbe stato un trionfo, si diceva, aveva lavorato per anni come apprendista e aiutante nelle botteghe di vari fabbri e aveva ormai aquisito parecchia esperienza ed era diventato piuttosto bravo. Si avviò verso casa con il tramonto alle spalle, c’ era poca gente per le vie di Lebaria, ormai la maggior parte delle persone era tornata a casa dopo il lavoro, le botteghe erano per la maggior parte chiuse e le poche ancora aperte si affrettavano a chiudere le porte ed abbassare le saracinesche. Deirran si avviò per una stradetta secondaria, poi a un certo punto, imboccò un vicolo stretto e corto. Era uno gnomo, sul metro e cinquanta, piuttosto alto per la sua razza. Magro, ma non troppo, capelli neri, occhi neri anche quelli, profondi come due pozzi. Come gnomo, si era sposato molto giovane, ora aveva poco più di diciasette anni e si era sposato a sedici, ma le cose tra lui e sua moglie, Jessica, non erano andate molto bene. C’ erano stati subito dei contrasti e dei litigi, per un po’ avevano durato così, poi con un’ ultima drastica decisione si erano lasciati. Deirran arrivato in fondo al vicolo si fermò davanti ad una porta di legno. Si frugò un attimo in tasca e estrasse un mazzo di chiavi. Ne scelse una piuttosto grossa e la infilò nel buco della serratura che immediatamente scattò. Entrò in casa sua. Doveva essere stato un bell’ appartamentino, un tempo, ma ora, sporco, con cataste di piatti e ciottoli da lavare ammucchiati ovunque aveva tuttun’ altro aspetto. “Dovrò riordinare” pensò. Sospirò, rassegnato a quello che sarebbe stato il suo compito quella sera e mise a scaldare sulla stufa la zuppa avanzata da ieri. La stava levando dal fuoco quando sentì bussare alla porta. Andò ad aprire e si trovò davanti Kael, il postino. Aveva la sua stessa età ed era uno dei suoi migliori amici e aveva una passione sfrenata per la marmellata di more. -Kael che ci fai qui?- gli chiese sorpreso Deirran. -Sono un postino, no, che cosa vuoi che ci faccia, ho una lettera per te.- rispose l’ altro scherzando. Deirran sorrise. Era questo che gli piaceva di Kael, era sempre allegro. Le uniche due volte che Deirran lo aveva visto triste, era quando era morto suo nonno, e quando aveva finito la marmellata di more, perché gliel’ aveva mangiata il gatto. -A quest’ ora! Una lettera?- chiese Deirran. -Eh sì, anche i postini vengono sfruttati al giorno d’ oggi.-ribattè Kael. -Vabbè vieni dentro.- disse Deirran. L’ amico entrò e Deirran chiuse la porta. -Senti la zuppa è un po’ abbondante, se vuoi favorire?- propose Deirran. -Ok.- rispose l’ altro senza un attimo di esitazione. Quando c’ era da scroccare Kael non si tirava mai indietro. Servita la cena i due si misero a tavola e Deirran aprì la lettera. “Caro signor Deirran Matt,” c’ era scritto”la informiamo che è stato invitato a una delle nostre riunioni riguardo a una missione di vitale importanza. La avvisiamo subito che sarà pericoloso. A voi stà la scelta di partecipare o no. Se fosse interessato la preghiamo di recarsi alla cittadina termale di Evercom sul lago di Arlas per l’ equinozio di primavera. Chiedete di Sil Lanov se doveste venire. La truppa.” Rimase un’ attimo fermo a bocca aperta per lo stupore. Poi Kael vedendo la sua faccia gli chiese: -Bè, che cosa c’ è scritto?- Deirran gli passò la lettera senza dire niente, troppo assorto nel pensare a quel che c’ era scritto per parlare. Si riscosse e guardò Kael aspettando un suo commento, ma stranamente quest’ ultimo rimase zitto. Passarono alcuni attimi in cui nessuno dei due parlò trastullandosi stuzzicando la zuppa con il cucchiaio. Tutti avevano sentito parlare della Truppa. Si diceva fosse un’ organizzazione non governativa che si attivava quando il paese era minacciato da qualche pericolo. Altri dicevano che fosse un distaccamento dei servizi segreti. Ma tutti erano d’ accordo su una cosa. Lavorare per la truppa era pericoloso, pericolosissimo. -Che ne pensi?- chiese dopo un po’ Kael. Deirran si strinse le spalle. -Per me faremmo bene ad accettare.- disse visto che lui non aveva aggiunto altro. -Scusa, faremmo hai detto?- chiese sconcertato. -Ma sì, non ti aspetterai che ti lasci partire per “una missione di vitale importanza” da solo vero?- disse ridendo. -Aspetta un attimo, prima di tutto non è detto che accetti e poi in ogni caso partirei da solo.- ribattè Deirran. -Ma tu sei matto da legare, mi vuoi lasciare qui!?!? No,no, non se ne parla.- -Ma se non parto nemmeno.- disse Deirran esasperato. -Come non parti?! Andiamo, su. Se non altro ci allontaneremo per un po’ dalla città più barbosa del regno di Svagel, Lebaria.- -Ma…- si interruppe indeciso mentre Kael lo fissava speranzoso. Era incredibile, ma Kael lo stava convincendo.L’ equinozio di primavera era tra otto giorni. ”Chissà” si disse. Poteva essere la buona occasione per cambiare un po’ vita. -E va bene.- acconsentì- se per te và bene, partiamo trà due giorni per il lago di Arlas.-.
**** Malv si fermò su un sasso poco distante dalla strada. Aprì la borsa e ne estrasse un pezzo di pane e una grossa borraccia e cominciò a mangiare. Spesso in quegli ultimi due giorni, gli era capitato di pensare a quel che era successo ultimamente. Spesso, si era ritrovato a chiedersi se avesse fatto bene a lasciare Kobold con tanta fretta. Certo, lasciare la città, dove aveva sempre abitato, per via di una certa lettera che gli era arrivata in cui c’ era scritto che era richiesta la sua presenza per una missione, che, se non era uno scherzo, avrebbe probabilmente richiesto la sua vita non era proprio da tipi prudenti. Ma Malv non era un tipo prudente, bastava pensare al mestiere che faceva, il ladro. Non rubava tanto per arricchirsi, ma per vivere. Inoltre, quello era l’ unico mestiere che gli fosse mai riuscito bene. Forse questo derivava dal fatto che era nato e cresciuto sulla strada, finche non aveva imparato a rubare. Finito di mangiare rimise a posto le sue cose e riprese il cammino. Aveva proceduto bene fino a quel momento, ed era in anticipo rispetto a quello che si aspettava sulla tabella di marcia e magari si sarebbe potuto fermare a riposare un giorno a Ozzim, la cittadina vicina. In fondo mancavano sempre cinque giorni all’ equinozio di primavera. Procedette spedito per la strada passando sotto le cime frondose degli aceri e le querce. Uscì dal bosco circa mezz’ ora dopo e il sole tornò a illuminare il suo volto. Era un uomo ne alto ne basso, magro e scarno. Il volto era pallido per via del “lavoro” che lo costringeva a agire di notte e nascondersi di giorno, gli occhi erano scuri come la pece e la bocca un taglio sottile che sembrava spaccargli a meta la faccia. Si trovava ora in un territorio brullo e roccioso di terra argillosa, con cespugli, arbusti e qualche macchia d’ alberi più in là, pieno di gole e stretti passaggi tra un’ altura e l’ altra. Camminò per oltre un’ ora in quello squallido paesaggio, andando a passo svelto. Poi superata una piccola collina vide Ozzim. Il paese era composto da una quarantina di case costruite senza un’ ordine preciso, subito a ridosso di quel terreno brullo. Gli mancava poco ad arrivarci e si avviò. In quel punto, la strada passava per una stretta gola rocciosa, i cui fianchi erano coperti da una quantita incedibile di roccie e massi. Era quasi uscito quando sentì un rumore. Si fermò di botto, sembrava il suono di qualcosa di grosso che si spostava. Aveva sentito dire che in quelle zone vivevano i lupi. Lentamente portò la mano all’ impugnatura di uno dei due pugnali che portava alla cintura. Ma non sentì più nulla. “Mi sarò sbagliato.” pensò. E riprese a camminare, ma subito lo risentì, chiaramente questa volta. Immediatamente da dietro un masso, spuntò fuori ruggendo un’ enorme creatura.
Edited by Cuzzo96 - 16/6/2007, 17:13
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